Manlio Dovì (attore e imitatore)
Roma 21.10.2020
Intervista
di Gianfranco Gramola
“Io sono stato scelto da questo lavoro,
perché da piccolo sentivo l’esigenza anche a scuola, di intrattenere un po’
la classe. Vedevo che mi ascoltavano, ridevano e mi piaceva essere al centro
dell’attenzione”
Manlio Dovì è nato a
Palermo il 14 novembre del 1964. Inizia la carriera artistica nella sua Sicilia, partecipando a spettacoli di
intrattenimento e piccole trasmissioni su radio e tv locali. Nel 1986 debutta
sul piccolo schermo alla trasmissione Fantastico con Pippo Baudo, però
è l’anno dopo diviene noto al pubblico televisivo, quando entra a far parte
del bagaglino, la compagnia teatrale fondata da Pier Francesco Pingitore.
Lavorando accanto ad attori quali Pippo Franco, Leo Gullotta ed Oreste Lionello,
Dovì mette in luce le sue indubbie doti di imitatore. Le sue imitazioni più
famose sono quelle di Francesco Cossiga, Vittorio Sgarbi, Luca Giurato, Piero
Fassino, Carlo d'Inghilterra, Umberto Bossi e Gad Lerner; nell'ultima edizione
dello spettacolo di Pingitore, Gabbia di matti, ha proposto l'imitazione
inedita di Nicolas Sarkozy. Oltre che comico e imitatore televisivo, Dovì è
attore cinematografico e teatrale. Dal 16 settembre al 25 novembre 2016 è
concorrente del programma Tale e quale show, condotto da Carlo Conti su
Rai 1.
Televisione
2018
"Sabato Italiano" (Rai1) - 2017 "Tale e Quale Show - Il
Torneo" (Rai 1) - 2016 "Tale e Quale Show" (Rai 1) - 2010
"Voglia d'Aria Fresca" (Rai 1) -2008 "Partiti di testa"
(Rete 4) - 2008 "Gabbia di Matti" (Canale 5) - 2007 "E
Io...Pago" (Canale 5) - 2006 "Facce Ride Show" (Rete 4) - 2005
"Torte in Faccia" (Canale 5) - 2005 "Telefaidate" (Canale 5)
- 2004 "Barbecue" (Canale 5) - 2003 "Miconsenta" (Canale 5)
- 2002 "Marameo" (Canale 5) - 2001 "Saloon" (Canale 5) -
2000 "Buffoni" (Canale 5) - 1998 "Domenica In" (Rai 1) -
1997 "W l' Italia" Canale 5) - 1996 "Champagne" (Canale 5) -
1996 "Rose Rosse" (Canale 5) - 1995 "La Sai l' Ultima?"
(Canale 5) - 1994 "Domenica In" (Rai 1) - 1993 "Saluti e Baci
(Rai 1) - 1992 "Caro Totò ti Voglio Presentare" (Rai 1) - 1991 "Crem
Caramel" (Rai 1) - 1986 "Fantastico 7" (Rai 1)
Teatro
(alcuni suoi spettacoli teatrali)
2016-2017
"Spettacoloso"
2019
“Tale
e Quale Showman”
2020
“Facce
Ride Show”
2020
“La stranissima coppia”
Filmografia
Soldati - 365 all'alba (1987)
- Gole ruggenti (1992)
- E ridendo l'uccise (2005)
- Di che peccato sei? (2007) - L'Isola Dei Segreti - korè (2009)
- La scomparsa di Patò (2010) - Il commissario Nardone
(2012)
Intervista
Hai un nome particolare...
Un professore universitario mi ha detto che
può significare “Martello”, che era il nome di un senatore che provocò il
senato, baciando una ragazza, gesto provocatorio per quei tempi. Uno che
comunque rompe un po’ gli schemi e quindi non è forse un caso. Mia madre al
momento di scegliere un nome, non voleva darmi i soliti nomi siciliani come
Salvatore o Giuseppe, e mi diede Manlio dopo averlo letto nei titoli di coda di
una trasmissione televisiva. Guarda i casi della vita (risata).
Com’è nata la tua passione per lo
spettacolo?
Quello che sostengo è che il siciliano, come
il napoletano, è un attore mancato, sia per la mimica che per la gestualità.
Per questo “abbuffuniare” come diciamo noi, cioè di fare il verso anche in
senso buono, come quando si racconta un episodio della vita o quello che accade,
abbiamo una dote innata che però poi tradotta dall’attore, cioè su un
palcoscenico, davanti ad una telecamera, ha bisogno di altre cose più
specifiche, come una preparazione, una dote e anche un certo coraggio. Io sono
stato scelto da questo lavoro, perché da piccolo sentivo l’esigenza anche a
scuola, di intrattenere un po’ la classe. Vedevo che mi ascoltavano, ridevano
e mi piaceva essere al centro dell’attenzione. I miei inizi
sono stati con le radio private e poi è diventato un lavoro.
I tuoi genitori che futuro pensavano per
te?
Tutto l’opposto. Mio padre mi ha sempre
educato secondo i principi della libertà. Che cosa significava questo? Che mio
padre mi ha sempre lasciato fare tutto. Mi iscrisse al classico e sperava che mi
iscrivessi all’università a lettere e filosofia, ma diedi soltanto due esami
e poi ci fu l’occasione per andare a Roma per fare Fantastico 7. Invece mia
mamma era quella sempre meno convinta, meno disposta, perché diceva che quello
dello spettacolo era un mondo pieno di insidie, non essendo un figlio di o amico
di, perché lei ha sempre sostenuto che quelli hanno una corsia preferenziale.
Lei su questa teoria è sempre stata pessimista. Devo dire che in qualche
occasione le ho dato ragione. Però alla fine, quando i miei genitori vennero a
vedermi al Bagaglino, accanto ad un maestro come Oreste Lionello, fugarono tutti
i dubbi e capirono che quella era la mia passione, la mia strada. Se hai dentro
il fuoco dell’arte, hai per forza
l’esigenza di esibirti, allora passi sopra tutto, anche tu come soggetto e
come persona, sei disposto a cedere e a rinunciare a tante cose, anche nella
vita privata perché è un sacrificio non indifferente il nostro lavoro.
Il mondo dello spettacolo era come te lo
immaginavi o ti ha deluso o meglio, fra colleghi hai trovato più rivalità,
complicità o amicizia?
Tutto, ho trovato tutto, Gianfranco. In un
periodo di mascherine, spesso ho dovuto mettere la mascherina non solo sul
palco, ma anche dopo. Anche quando sapevo che stavo parlando con i miei
“nemici”, i miei “detrattori”. Però è così, come nella vita, però
quando c’è la preparazione, c’è la compagnia, lavorare con il regista, con
lo scenografo, con lo sceneggiatore, con l’autore, è un piacere, un
godimento. Lì c’è complicità, voglia di fare bene e di non essere
approssimativi. Ecco, questo è quello che io chiedo sempre e questa cosa mi ha
creato tante inimicizie, è la massima professionalità e non essere disposto a
passare sul nulla, neanche sull’amicizia, neanche sulla stima. Io dico sempre
“odiatemi”, proviamo fino allo sfinimento, però lavoriamo bene. Non mi è
mai piaciuta la mediocrità, io lo so quando valgo, ma lascio decidere agli
altri il mio valore, ma per quello che mi riguarda io combatterò sempre il
mediocre. Parlando di delusione, ho visto spesso il bravo e il talentuoso andare
via. Per esempio Gigi Proietti va via dal teatro Brancaccio, si trova a dirigere
un altro teatro. Il mediocre invece si impossessa di quel teatro e si crea i
suoi sodali. E la delusione è questa, che purtroppo il talentuoso è costretto
sempre ad andare via, non sa neanche se lavorerà anche se sa di avere questa
dote innata, che forse non sfrutta neanche al massimo, invece il mediocre sa che
può contare soltanto su pochissime specifiche e si attornia di mediocri
disposti a conservargli il posticino caldo.
Al Bagaglino hai fatto molte imitazioni di
personaggi famosi. Qualcuno si è mai lamentato?
No. Le imitazioni ormai le fanno tutti e oggi
non ne è richiesta neanche una sorta di fedeltà o di comicità. Io nelle mie
imitazioni ho puntato sempre sul divertimento, affrontando l’imitazione come
Forattini, che disegnava e metteva in risalto il difetto, non per sfottere, ma
per rendere più credibile e divertente il personaggio. Io ho sempre usato
questo tipo di tecnica. Cossiga, Sgarbi irascibile e le sue polemiche, sono
sempre stati dei miei ammiratori. L’unico che non digerì, in tutta la mia
carriera, fu lo stilista Valentino, che si arrabbiò molto per una mia
imitazione che feci a Domenica In, neanche al Babaglino e fece di tutto per
farmela togliere. Ci riuscì non sapendo che poi io l’avrei fatto al Bagaglino
e che ne avrebbero fatto una caricatura perché poi lo fece Dario Ballantini a
Striscia la notizia. Quindi quando poi una imitazione scoppia, è inutile, non
c’è censura. Quando uno scopre un tratto di un personaggio, tutti gli altri
si mettono in coda e così c’è l’imitazione dell’imitazione. In breve non
ho avuto grandi problemi con i soggetti da me imitati.
Quali sono le tue ambizioni, i tuoi
progetti, lockdown permettendo?
Ho cominciato a lavorare a 16 anni e il 14
novembre farò 56 anni. Ho capito una cosa per via della pandemia, che l’uomo
non può decidere nulla, quindi io parlo soltanto del presente, cioè di questo
meraviglioso lavoro teatrale dal titolo “La stranissima coppia”, scritto da
Diego Ruiz, che non conoscevo personalmente, ma di fama. Un lavoro che mi ha
dato la possibilità di recitare a teatro un ruolo dall’inizio alla fine, non
un insieme di caratterizzazioni o di imitazioni, ma un ruolo, una prova
d’attore, toccando corde anche malinconiche, perché no. Una commedia leggera
dove riesco anche a captare e a confrontarmi con una donna che corteggio, che in
questo caso è interpretata da Patrizia Pellegrino e di questo sono felice, cioè
che si possa percorrere la linea attoriale che è sempre difficile da
dimostrare, non tanto con il pubblico, ma con gli addetti ai lavori che ti
ghettizzano, ti aggiungono un’etichetta, perché se tu fai rumori
sei un rumorista, se fai le imitazioni sei un imitatore. Non ti
riconoscono mai le tue corde d’attore. Studiando e leggendo tante biografie,
ho notato che molti autori sono diventati famosi in tarda età. Ad esempio
Renato Rascel fu uno che il successo gli fu riconosciuto appunto in tarda età,
perché sapeva fate tante cose, forse troppe cose. In America avere tante frecce
al proprio arco è un vantaggio, mentre qui in Italia invece pare che sia
penalizzante. Questa è una cosa che non riesco a capire e per me è una
delusione. Comunque io sono felicissimo di quello che ho fatto e di avere
costruito un carriera che dura da 40 anni e soprattutto di avere fatto quello
che volevo fare, ossia l’attore. Un lavoro senza capi e al massimo puoi
sottostare ad un regista, ma dopo due mesi se non ti ci trovi, lo saluti. Quindi
io non sono felice, ma felicissimo che la vita mi abbia dato la possibilità di
fare quello che volevo fare. Mi sarebbe piaciuto anche il disegno in verità,
perché io ero bravissimo a disegnare, però non c’erano sbocchi. Bisogna
seguire un po’ quello che la vita ti offre.
Da Palermo a Roma. Come ricordi
l’impatto con la Città Eterna?
Incredibile e indescrivibile è stato
l’impatto. Arrivai a Roma con una scassatissima fiat 127. Io sono un pessimo
guidatore, perché mi perdo nelle strade e ho il senso dell’orientamento molto
scarso. Mi ritrovai a piazza Venezia, in questa città meravigliosa e
l’albergo ce l’avevo vicinissimo al Salone Margherita e io, un po’ per la
forma del Vittoriano, un po’ per l’atmosfera, un po’ per i capolavori del
Bernini e un po’ per l’immensità della piazza, sentii realmente e
fisicamente un abbraccio. Mi sono sentito accolto in una maniera indescrivibile.
Le emozioni furono molteplici, ma soprattutto questo abbraccio reale, mi è
rimasto nel cuore. Lo percepii fisicamente e fu un’emozione che durò parecchi
minuti. Una cosa incredibile era che io a Palermo ero sempre raffreddato ed ero
asmatico, quindi facevo vaccini e cure antiallergiche, arrivato a Roma che avevo
19 anni, guarii completamente, perché questa città ha un clima fantastico.
Roma per me è stata una città positiva per tante cose. Arrivato qui, crebbi e
diventai uomo, vivendo solo, perché a Palermo ero molto legato alla famiglia,
come tutti i siciliani. La mia vita è sempre stata di poche comitive e gli
assembramenti non mi toccano perché sono sempre stato un solitario.
In quali zone hai abitato?
Appena arrivato a Roma, come ti dicevo prima,
ero in un albergo, questo per la mia conosciutissima
pigrizia. Stavo a due passi dal Salone Margherita. Trovai questa stanzetta
modesta, perché non mi è mai interessato il lusso, ma questa stanzetta era
dignitosa. Lì non avevo problemi di macchina, non avevo problemi di permesso e
non avevo problemi a muovermi in questa città così dispersiva. Sono stato lì
per due anni, fino a quando mi sono
fidanzato. Trovai una fidanzata che stava antipatica al proprietario
dell’albergo e ogni volta che la mia fidanzata saliva da me, lui mi faceva una
sorta di stolkeraggio, suonava al citofono, ecc … Da quella cosa lì, capii
che dovevo trovarmi una casa e me ne andai in affitto vicino al Vaticano per tre
anni. Poi comprai la casa dove vivo tuttora,
che sta a 300 metri dal Vaticano, in via delle Fornaci ed è la cosa più bella
che ho fatto e ne sono molto fiero. La mia casa, la mia tana (risata). Io l’ho
fatta sistemare proprio da single, dove esprime teatralità perché c’è il
palchetto, la musica e i microfoni. Io faccio tutto qui praticamente, è il mio
studio, dove mi preparo anche per giornate intere.
La cucina romana ti ha conquistato?
Come no. Io sono una buonissima forchetta e
di ogni regione apprezzo le loro specialità. Quella romana mi fa impazzire,
come quella toscana e quella umbra. Apprezzo i formaggi e i vini. A Roma si
mangia benissimo e tutti i miei amici sono ristoratori (risata). Sai cos’ha di
bello il teatro? Che quando sono finite le prove o l’esibizione, c’è questa
consuetudine bellissima di andare al ristorante. Io frequento spesso i
ristoranti per forza di cose e poi la tavolata è anche motivo di divertimento e
scambio di battute. Questo lo diceva anche Carlo Dapporto al figlio Massimo
quando voleva fare l’attore. Il papà si opponeva e poi quando Massimo lo
convinse, il papà Carlo, gli diede la lista dei ristoranti e degli alberghi,
città per città. Questo è l’attore, capisci?
Cosa ti da più fastidio di Roma, cosa ti
dispiace?
Mi dispiace vedere una Roma sparita e sento
più che altro i romani dire che non si riconoscono in questa città. Per forza
di cose Roma sta perdendo questa magia, io lo vedo. I giovani la vivono allo
stesso modo. Quando superi una fase della tua vita ed entri in una nuova fase,
scatta il discorso nostalgico dei ricordi e senti che non c’è più
quell’atmosfera che c’era una volta. Non so se è una cosa soggettiva.
Per un attore Roma cosa rappresenta?
Il massimo, perché se uno vuole fare cinema,
a Roma c’è Cinecittà, se uno vuole fare il doppiatore, Roma è la patria del
doppiaggio. Io da quando studio ho migliorato anche la recitazione,
l’intonazione e la dizione. Roma rappresenta il top per l’attore, come
Milano lo è per la moda.